Politica

DEMOCRAZIA COMUNITARIA: UNA VIA NUOVA PER UNA META ANTICA

Centosette: li ho contati con puntiglio, per curiosità, e tanti sono stati, fino a questa mattina, gli amici che, incontrandomi  o scrivendomi, in queste ultime settimane, mi hanno chiesto: Ma chi è in realtà Democrazia Comunitaria, che sentiamo citare o vediamo prendere posizione su questo o quel problema della società, della politica, dell’umanità?
 
Rispondo una volta per tutte e in modo scritto e formale, dopo averlo spiegato tante volte in modo verbale e informale a molti fra gli amici citati. Democrazia Comunitaria è Una nuova via per una meta antica”.
 
Si occupa di politica, Democrazia Comunitaria? Sì, ma anche semplicemente di società, di  umanità, di cultura, di valori condivisi e di solidarietà.
 
La sintesi ideale che Democrazia Comunitaria considera come suo riferimento di visione e missione è quella espressa nella frase che mi avete sentito ripetere, o mi avete visto riscrivere, più volte, in più di un documento: si chiama Umanesimo plenario. E, come sottotitolo interpretativo, Per tutto l’uomo e per tutti gli uomini”. Le espressioni furono coniate da Paolo VI, un grandissimo uomo e un grandissimo papa. Le trovate anche come sottotitolo di studisociali.org. E, se ci pensate, sono pregnantissime.
 
“Allora siete cattolici, tutti voi di Democrazia Comunitaria”, mi direte. Molti di noi sì, lo sono; altri no: personalmente sono credente e cattolico, e praticante, come la maggior parte di noi, ma fra i nostri e miei amici di ideali annoveriamo anche persone di sensibilità culturale laico-repubblicana (in particolare della tradizione mazziniana), o laico-liberale (in particolare della tradizione einaudiana) o laico-socialista (in particolare della tradizione pertiniana) e altri ancora. Uniti però tutti da alcuni connotati specifici di opzione morale e politica nella concezione dell’umanità, della società e della politica.
 
Il fatto centrale, in fondo, non è la novità delle cose che diciamo, le quali sono in verità antichissime. E’ invece il fatto che siamo decisamente “quelli dei puntini sulle i, come modo di concepire sia la Democrazia sia la Comunità, cioè le parole presenti nel nostro nome, e tutto il programma che ci sta dentro, e soprattutto i comportamenti conseguenti. E più precisamente, per citare alcuni di tali “puntini sulle i”:
 
Primo puntino sulle i: la democrazia è un valore essenziale ma a condizione che anche le minoranze e le singole persone vengano sempre rispettate, ascoltate e valorizzate; la democrazia che si limiti a ritenere che la maggioranza può decidere e basta, è un tradimento del valore di democrazia: questa è tale se, pur consentendo alla maggioranza di decidere, come è necessario e alla fine giusto, attribuisce valore centrale alla persona e riconosce a proprio fondamento valori che neppure la maggioranza può violare: come la libertà di pensiero e di religione, la libertà di voto, la libertà di candidarsi alle elezioni, il valore integrale di ogni vita umana, e così via; insomma, ad esempio, la democrazia che, fosse pure con ineccepibile scelta di solida maggioranza, decidesse che è vietato criticare un governo in carica, non sarebbe affatto democrazia e non sarebbe affatto legittima.
 
Secondo puntino sulle i: l’aggettivo Comunitaria significa che la persona, centro di imputazione di tutti i diritti e di tutti i doveri, non nasce, non si sviluppa, non si realizza, se non nel contesto naturale e armonico e solidale di una comunità, cioè insieme con gli altri: e gli altri sono innanzitutto la famiglia naturale, e dopo di essa via via la comunità locale in cui si vive,  la comunità statale di cui si è cittadini, l’umanità intera, la propria comunità religiosa di appartenenza, la comunità della impresa nella quale si lavora, il proprio eventuale sindacato, e insomma tutti i luoghi nei quali la persona realizza e sviluppa appunto pienamente sestessa insieme con altre persone. La persona, in questo quadro, è il centro di tutto ed ha diritti inderogabili ma ha parimenti doveri assolutamente inderogabili, quali il rispetto del bene comune, il rispetto degli ambienti pubblici, il pagamento delle tasse in misura equa, la solidarietà sociale, e così via.
 
Terzo puntino sulle i: l’economia e il lavoro sono binomio inscindibile di efficienza e dignità di una società. Inscindibili, avete capito? Non c’è una economia che non produca lavoro, e non c’è un lavoro che non generi una economia. Cioè, non c’è una economia legittima se è economia di finanza speculativa,  non c’è un lavoro legittimo se è lavoro puramente nominale, cui corrisponde una mera rendita o un ruolo parassitario. Il diritto al lavoro è assoluto, ma anche il dovere al lavoro lo è. Il lavoro è dunque per definizione produttivo, cioè utile, mai parassitario. L’impresa deriva dal lavoro e non viceversa. L’impresa a sua volta ha diritto a nascere e svilupparsi avendo a riferimento una burocrazia autorizzativa, fiscale, di controlli, etc., semplici, snelle, trasparenti. Il diritto di fare impresa non è soggetto a capricci autorizzativi o di veto di alcuna burocrazia nè statale né locale: ha solo l’obbligo di rispettare i suoi doveri fiscali, ambientali, sociali. E di essere partecipativa, cioè connotata da cointeressenza, anche economica, fra tutti quelli che vi operano; cioè olivettiana, se così volete chiamarla.
 
Quarto puntino sulle i: la scuola e la formazione sono diritto e dovere di tutti, anch’esse, ed hanno impronta umanistica per tutti. Le tecniche sono indispensabili, con le conseguenti competenze, ma seguono l’umanità, e mai viceversa. Ci interessano le persone, non i robot. Questi li inventiamo e li usiamo ma semplicemente come macchine che ci aiutano, alla stregua della lavatrice o del sistema di allarme in casa. E inoltre la scuola e la formazione sono per tutte le età, non soltanto per quella giovanile.
 
Quinto puntino sulle i: la famiglia e la solidarietà sono centro fondativo della società. La famiglia è quella naturale prevista dalla costituzione italiana, dal diritto naturale e dalla dottrina sociale della Chiesa. La famiglia naturale va protetta, favorita, sostenuta e, ove occorra, vigilata, non sostituita né abolita.
 
Sesto puntino sulle i: la dimensione internazionale. Basta con la vuota retorica europeista e internazionalista. L’Europa non è un bene in sé: l’Europa è un bene in quanto si comporti da paradigma del processo verso il mondo unito, che è il nostro ideale. Come era per i padri fondatori. Sono europeista da sempre. Eravamo bambini, quando ci insegnarono a essere europeisti. Ma ci insegnarono ideali di condivisione, non affari in comune. Sì, di condivisione, proprio come dice il mio amico di studi salesiani Nunzio Saviana. E l’Italia si chiamava Italia, non Italy. E si imparavano le lingue reciproche, non una lingua unica (per giunta brutta) con la quale vedo che anche voi spesso volete continuare a ingurgitare modelli mentali e culturali spesso obbrobriosi e monodimensionali. Fatela finita.
 
Settimo puntino sulle i: la natura casa comune. Il vincolo del rispetto ambientale non conosce né privilegi né eccezioni. Non è concepibile alcun diritto di costruzione, di qualsiasi tipo, se non corredata da proporzionale superficie a verde. E il rispetto della natura comprende il rispetto della vita animale come di tutta la vita e di ogni singola vita. Gli animali vanno protetti come bene comune: protetti dalla immaturità, dalla crudeltà e dalla imbecillità criminale di troppi cittadini.
 
Ottavo puntino sulle i: il diritto, la giustizia, l’efficienza amministrativa. Alla base hanno una legislazione semplice. Il tradimento attuale del sistema legislativo e normativo italiano nei confronti dei cittadini italiani è colpevole e dovuto alla irresponsabilità e inadeguatezza grave della classe politica. La legislazione, in particolare, va assolutamente semplificata. Assolutamente. Come pure l’amministrazione della giustizia e le sue procedure. Come pure il fisco e i suoi adempimenti. Come pure la normativa elettorale, che deve restituire ai cittadini il potere di scegliere persone, non simboli  o liste.
 
Nono puntino sulle i: i melensi luoghi comuni categorizzanti. Non ci sono uomini e donne, ma persone. Non ci sono ceti medi e ceti alti o bassi, ma persone. Non ci sono “nordici” e “sudici”, ma persone. Non ci sono autonomie differenziate, ma l’autonomia di ogni persona e di ogni comunità, uguale in un paese di cittadini e di comunità uguali. Non ci sono imprenditori e lavoratori, ma persone che lavorano. E così via.
 
Ma il nono puntino sulle i è il più importante di tutti. Infatti molti di voi mi diranno (e mi hanno già detto): Se Democrazia Comunitaria è come tu dici, allora ci piace, e vogliamo farne parte. Ebbene, non vi voglio. Non vi voglio se appartenete alle aberranti categorie oggi zavorranti intorno a noi, che formano le schiere cialtronesche di quanti, sedicenti di ispirazione cattolica o laica che siano, tronfi di una lingua lunghissima quanto mal governata, sono bravissimi nel ripetere forbite prediche pseudo-politiche o pseudo-religiose agli altri, razzolando poi malissimo nei comportamenti personali. Il nono puntino sulle i è proprio questo: Democrazia Comunitaria è un raggruppamento, od organizzazione, od ordine, o partito, o gruppo, o come decideremo alla fine di chiamarla, caratterizzato dalla necessità assoluta, in chi vi aderisce, di comportamenti personali ineccepibili, e di ineccepibile cultura delle regole. Ho definito monastico e militare, nel senso più bello e più alto, il modello organizzativo e politico di Democrazia Comunitaria: monastico quanto a elevatezza etica dei comportamenti, militare quanto a spirito di comunità, ad attenzione al bene comune, e anche, perché no, a spirito di corpo nel senso, anche qui, di cultura ineccepibile delle regole e della solidarietà (solidarietà che non è mai connivenza, come devo precisare per i troppi analfabeti che, drogati dall’anglofonia, hanno dimenticato il senso corretto delle parole in lingua italiana). Se tu che leggi sei di quelli che predicano la elezione interna dei capi con voto segreto salvo riservarti di essere personalmente eletto per acclamazione, non fai per noi. Non venire in Democrazia Comunitaria. Non ti vogliamo. Se predichi la meritocrazia nella gestione dei concorsi pubblici e poi operi per corrompere la graduatoria del concorso e far entrare tua nuora a spese di un concorrente migliore che non ha santi in paradiso, non fai per noi. Non ti vogliamo. Te lo ripeto con chiarezza, non ti vogliamo. Vai a cercare dimora politica e morale altrove. Ti offriremo il caffè senza inimicizia personale, ma non sei ammesso in Democrazia Comunitaria.
 
Adesso, però, amici che leggete, fatela finita. Fatela finita con il tornare a chiedermi cosa è Democrazia Comunitaria. Perché non vi risponderò più. Democrazia Comunitaria è quello che vi ho appena sintetizzato, e tutto ciò che di ulteriore vi ho spiegato anche per scritto tante altre volte, in documenti che molti di voi hanno certamente letto e che risalgono anche a qualche anno fa, e anche più indietro. Democrazia Comunitaria non vuole morire di chiacchiere retoriche, ma vuole vivere di comportamenti civici, politici e umani, elevati; anzi, pienamente umanistici nel senso già detto: “per tutto l’uomo e per tutti gli uomini”.
 
                                                                                                                             Giuseppe Ecca
 
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