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Comunicazione

SE QUESTO E' COMUNICARE... PREFERISCO IL CINESE

Uno dei modi in cui la lingua può uccidere: il burocratese. Ne abbiamo fatto cenno anche sulla pagina Feisbuc, per i profili della crescente difficoltà che la complicatezza espressiva causa ai cittadini. Il problema è antico, molto più antico di questa nota, che fu scritta nel 2015 per la rivista “50&Più”e che riproponiamo per la sua confermata attualità.
 
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Da decenni innumerabili l’Italia è dotata del legislatore più prolifico e più bislacco di tutto il mondo avanzato: un legislatore che fa troppe leggi, e per giunta quasi mai sono leggi che il cittadino, da solo, riesce a decifrare (parlo proprio di decifrazione della lingua italiana). La conseguenza è il più micidiale stato di pericolo permanente di fronte al quale il cittadino stesso si trova, e il più abbondante pascolo lucroso per legulei e profittatori di ogni risma.
 
Ma la disdetta veramente lacrimevole è quando gli “spiegatori” della legge, commentatori, docenti, divulgatori, chiosatori, giornalisti, persino sindacalisti, vogliono “delucidare” il significato delle norme a favore dei cittadini, della “gente qualunque”: e invariabilmente, a loro volta, lo fanno imitando il legislatore.
Sentite questa, ad esempio: è la “spiegazione” che un sindacato dà ai lavoratori su alcune norme previdenziali di legge. Me la ritrovo tra le mani, oggetto di una discussione di qualche anno fa, e mi obbliga a constatare che il vizio della comunicazione astrusa non è nel frattempo migliorato in nulla, anzi…
 
…Ciò determina, però, come conseguenza, che l’ipotesi delle lavoratrici del comparto scuola e AFAM che, ai sensi dell’art. 1 comma 9 legge 243/2004 optano per il metodo di calcolo contributivo e accedono, entro il
2015, al pensionamento ad età inferiori rispetto alle regole generali, dal momento che sono fatte salve dal
comma 14 dell’art. 24 della legge 214/2011 (e non rientrano tra i commi da 6 a 11) non godono della disapplicazione della finestra e, pertanto, se maturano questi requisiti dal 2012 si vedranno applicato l’art.
1 comma 21 legge 148/2011 con la conseguenza che l’accesso al pensionamento viene differito al 1 settembre o 1 novembre dell’anno successivo.
Quest’ultima interpretazione, seppure fondata sul tenore…
 
Vi supplico, chiunque voi siate: non spiegate più. Non commentate. Non raddoppiatemi la difficoltà di capire. Lasciatemi alla mia disperata lotta con la masnada criminosa dei legislatori. Caso mai, piuttosto, aiutatemi a farli rinsavire…
 
Una mia carissima amica, che fa l’avvocato, e che più o meno la pensa come me, ha inventato un bellissimo modo per aiutare gratuitamente i cittadini in questo ginepraio pieno di spine velenose: invia loro, ogni tanto, delle “pillole di diritto”: mezza paginetta per volta, mai più di una, in cui, con estrema semplicità di linguaggio e con pazienza, spiega il significato sintetico di una parola, di una norma, di una sentenza, di un “caso” risolto. Lo fa come per gioco, “così, per curiosità, fino a che ne avrò voglia: e intanto do una mano a diminuir la confusione”, mi dice tranquilla. Controcorrente anche rispetto alla sua categoria professionale.
 
  • Ma, Manuela – le osservo: - devi farlo a vita, questo lavoro: devi soccorrere la gente che ogni giorno è in mano alla cricca delinquenziale che comincia con i legislatori e finisce… con la tua categoria, quella degli avvocati!... La conosci, la triste realtà del legislatore che… non sa che leggi fa perché i parlamentari si limitano a votare “sì” o “no” secondo la indicazione del loro capogruppo, ma non capiscono nemmeno l’oggetto di ciò che stanno votando. Proprio non lo capiscono, in lingua italiana: e si rimettono al loro capogruppo, il quale a sua volta si è rimesso agli “esperti”. E, del resto, anche se non facessero così per ignoranza dovrebbero farlo per disciplina di partito.
 
  • Beh – mi risponde: - sì, la questione dell’astrusità delle normative è antica, e bisogna proprio che l’avvocato, di fronte a ogni caso, si metta una mano nella coscienza e non aggiunga la sua parte di complessità.
 
  • No, no! – le rispondo; - non basta: siamo ormai in una situazione sociale nella quale l’avvocato deve sentirsi esattamente come la maestra dei tempi deamicisiani, che prende per mano il bambino (bambini, di fronte alla immonda babilonia normativa, siamo tutti, anche noi superlaureati) e li accompagna, così, proprio come si fa con i bambini, affinchè non si facciano male: spiega loro, con pazienza materna, via via, la traduzione italiana di questo nero linguaggio da settimo continente… E’ la scuola popolare, che dovete fare, voi avvocati onesti, nei confronti dei cittadini, per difenderli davvero…
 
Manuela sorride. Lei lo sta già facendo. E, per il vero, non è l’unica. Vi sono, sempre, anche i missionari del bene: come Manuela. Persino tra gli avvocati.
                                                                                                         
                                                                                                                       (Giuseppe Ecca)
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