Da un lato la necessità di rinnovamento dei partiti politici affinchè tornino a saper essere luoghi di interpretazione, partecipazione e mediazione degli interessi in una visione di bene comune costantemente discussa fra i cittadini e con i cittadini, dall’altro l’arricchimento della macro-democrazia, che esprime le istituzioni di rappresentanza e governo generale (parlamento, sindaci, etc.) con elementi diffusi di micro democrazia che offra al cittadino la possibilità di forme partecipative sostanziali anche a livello di scuola, sindacato, economia, servizi pubblici, etc. E’ su questo duplice e contestuale piano di azione che si snoda in sostanza la proposta di Giuseppe Bianchi, riprendendo per aspetti importanti quella riflessione più generale di analisi che Giuseppe De Rita, per il Censis, ha definito più volte intorno al concetto di “crisi della intermediazione sociale e politica”.
La crisi dei sistemi democratici che tocca buona parte dei paesi occidentali è per lo più riportata nel dibattito pubblico alle crescenti diseguaglianze provocate da una globalizzazione priva di reti di protezione sociale. Un dato sicuramente influente, non esclusivo dell’attuale momento storico e non sufficiente a spiegare il crescente successo dei movimenti populisti la cui capacità di mobilitazione va ben oltre la rappresentanza dei cosiddetti svantaggiati.
Movimenti che si caratterizzano non tanto e non solo per le politiche sociali a riparazione dei torti subiti dalle fasce sociali più deboli quanto per l’attacco portato alle istituzioni della democrazia rappresentativa (partiti, sindacati...) in quanto parti di una “casta” privilegiata non più capace di interpretare la “voce del popolo”.
Un ribellismo, non di breve periodo come avvenuto altre volte nel passato, perché dietro questi movimenti ci sono trasformazioni strutturali che il sistema politico in atto ha saputo né cogliere né interpretare.
Un dato è costituito dalla disgregazione della società di massa, costola dell’industrializzazione di massa, che aveva creato le condizioni di crescita delle istituzioni rappresentative di massa (partiti, sindacati) la cui coesione sociale era sostenuta da fattori ideologici e da elitès intellettuali. Conseguenti, le spinte ad una maggiore individualizzazione dei bisogni e delle aspirazioni dei cittadini, peraltro coincidenti con la minor disponibilità di risorse pubbliche disponibili da parte degli Stati nazionali la cui sovranità è stata limitata da irreversibili processi di integrazione a livello sovranazionale.
Un ulteriore dato è di natura tecnologica. Lo sviluppo di internet e dei social ha dato vita a nuove reti di comunicazione tra i cittadini, non più intermediate da istituzioni rappresentative, all’interno delle quali aspirazioni incontrollate e pulsioni emotive alimentano, in via endogena, un nuovo populismo digitale. Un circuito di opinione pubblica che si forma nel recinto del web, indifferente alle tradizionali categorie politiche di destra e sinistra.
Un conflitto politico che si estende alle regole del gioco contrapponendo democrazia diretta a democrazia rappresentativa.
Questione antica che viene ora riproposta in termini di “democrazia elettronica” senza risolvere la contraddizione fra l’eguale diritto al voto dei cittadini e la disuguale capacità o volontà di partecipare alla vita politica (oggi più che mai complessa) aprendo la strada a manipolazioni da parte di minoranze attive.
D’altro canto va tenuto conto che è in particolar modo difficile oggi sollecitare una tale partecipazione responsabile dei cittadini in un contesto di democrazia rappresentativa debole nella capacità di governo, esposta ai condizionamenti delle burocrazie conservatrici, poco affidabile nelle sue promesse. Nello stesso tempo i cittadini sono frustrati da una offerta di servizi pubblici di prossimità (trasporti, cura del territorio) a volte indecenti in alcune grandi aree urbane, senza poteri di intervento per migliorare le loro condizioni di vita.
Le soluzioni sono implicite nella descrizione fatta: una democrazia rappresentativa “governante” e forme di controllo sociale dei cittadini sugli apparati burocratici che gestiscono, a livello locale, i servizi pubblici essenziali. Una forte democrazia rappresentativa è necessaria perché i cittadini non cadano sotto un potere autoritario ma non è sufficiente se non accompagnata da esperienze di micro-democrazie che diano voce e poteri agli stessi cittadini laddove sono in gioco interessi vitali.
Democrazia rappresentativa e forme di democrazia diretta vanno integrate in un progetto inclusivo di democrazia in grado di correggere la disgregazione sociale in atto e di valorizzare le potenzialità delle nuove tecnologie digitali per estendere il controllo sociale dei cittadini. La democrazia non è nel destino umano, come un codice genetico. E’ una costruzione politica che se non si rinnova rischia di autodistruggersi. Il popolo sovrano è una retorica politica in nome della quale si sono giustificati i peggiori autoritarismi. Ci sono i cittadini, nelle loro libere aggregazioni rappresentative, che devono divenire attori responsabili in una difficile transizione istituzionale in cui la macro-democrazia rappresentativa sia sostenuta e rinvigorita da esperienze di micro-democrazie a livello locale.
(Giuseppe Bianchi)
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La crisi dei sistemi democratici che tocca buona parte dei paesi occidentali è per lo più riportata nel dibattito pubblico alle crescenti diseguaglianze provocate da una globalizzazione priva di reti di protezione sociale. Un dato sicuramente influente, non esclusivo dell’attuale momento storico e non sufficiente a spiegare il crescente successo dei movimenti populisti la cui capacità di mobilitazione va ben oltre la rappresentanza dei cosiddetti svantaggiati.
Movimenti che si caratterizzano non tanto e non solo per le politiche sociali a riparazione dei torti subiti dalle fasce sociali più deboli quanto per l’attacco portato alle istituzioni della democrazia rappresentativa (partiti, sindacati...) in quanto parti di una “casta” privilegiata non più capace di interpretare la “voce del popolo”.
Un ribellismo, non di breve periodo come avvenuto altre volte nel passato, perché dietro questi movimenti ci sono trasformazioni strutturali che il sistema politico in atto ha saputo né cogliere né interpretare.
Un dato è costituito dalla disgregazione della società di massa, costola dell’industrializzazione di massa, che aveva creato le condizioni di crescita delle istituzioni rappresentative di massa (partiti, sindacati) la cui coesione sociale era sostenuta da fattori ideologici e da elitès intellettuali. Conseguenti, le spinte ad una maggiore individualizzazione dei bisogni e delle aspirazioni dei cittadini, peraltro coincidenti con la minor disponibilità di risorse pubbliche disponibili da parte degli Stati nazionali la cui sovranità è stata limitata da irreversibili processi di integrazione a livello sovranazionale.
Un ulteriore dato è di natura tecnologica. Lo sviluppo di internet e dei social ha dato vita a nuove reti di comunicazione tra i cittadini, non più intermediate da istituzioni rappresentative, all’interno delle quali aspirazioni incontrollate e pulsioni emotive alimentano, in via endogena, un nuovo populismo digitale. Un circuito di opinione pubblica che si forma nel recinto del web, indifferente alle tradizionali categorie politiche di destra e sinistra.
Un conflitto politico che si estende alle regole del gioco contrapponendo democrazia diretta a democrazia rappresentativa.
Questione antica che viene ora riproposta in termini di “democrazia elettronica” senza risolvere la contraddizione fra l’eguale diritto al voto dei cittadini e la disuguale capacità o volontà di partecipare alla vita politica (oggi più che mai complessa) aprendo la strada a manipolazioni da parte di minoranze attive.
D’altro canto va tenuto conto che è in particolar modo difficile oggi sollecitare una tale partecipazione responsabile dei cittadini in un contesto di democrazia rappresentativa debole nella capacità di governo, esposta ai condizionamenti delle burocrazie conservatrici, poco affidabile nelle sue promesse. Nello stesso tempo i cittadini sono frustrati da una offerta di servizi pubblici di prossimità (trasporti, cura del territorio) a volte indecenti in alcune grandi aree urbane, senza poteri di intervento per migliorare le loro condizioni di vita.
Le soluzioni sono implicite nella descrizione fatta: una democrazia rappresentativa “governante” e forme di controllo sociale dei cittadini sugli apparati burocratici che gestiscono, a livello locale, i servizi pubblici essenziali. Una forte democrazia rappresentativa è necessaria perché i cittadini non cadano sotto un potere autoritario ma non è sufficiente se non accompagnata da esperienze di micro-democrazie che diano voce e poteri agli stessi cittadini laddove sono in gioco interessi vitali.
Democrazia rappresentativa e forme di democrazia diretta vanno integrate in un progetto inclusivo di democrazia in grado di correggere la disgregazione sociale in atto e di valorizzare le potenzialità delle nuove tecnologie digitali per estendere il controllo sociale dei cittadini. La democrazia non è nel destino umano, come un codice genetico. E’ una costruzione politica che se non si rinnova rischia di autodistruggersi. Il popolo sovrano è una retorica politica in nome della quale si sono giustificati i peggiori autoritarismi. Ci sono i cittadini, nelle loro libere aggregazioni rappresentative, che devono divenire attori responsabili in una difficile transizione istituzionale in cui la macro-democrazia rappresentativa sia sostenuta e rinvigorita da esperienze di micro-democrazie a livello locale.
(Giuseppe Bianchi)
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