E’ un articolo già apparso di recente su Il Giorno, fra i tantissimi che trattano, come è giusto e nello stesso tempo come va (forse) troppo di moda, il tema europeo. “Va troppo di moda” significa soltanto che vediamo, nei ragionamenti sull’Europa, molta più retorica che dibattito profondo. Ma resta il fatto che votare, e votare al meglio possibile, secondo coscienza, per il prossimo parlamento europeo, è atto di responsabilità dal quale nessun buon cittadino dovrebbe dissociarsi. Riproduciamo dunque l’articolo, scusandoci per qualche espressione bruttamente dialettale che esso contiene (“tink tank” è semplicemente un Laboratorio di Pensiero, se si sa parlare in italiano e con eleganza). Preannunciamo che il prossimo 5 aprile si terrà a Padova un convegno proprio sul tema "Europa sì... Ma quale?".
Se la maggioranza degli italiani ritiene l’Unione Europea non madre ma matrigna, una maggioranza ancora più grande vuole restare nell’Eurozona dei 19 Paesi. Segnale evidente di una certa confusione che è bene dipanare alla vigilia delle prossime elezioni per l’Europarlamento. Le prime, nelle quali 27 Paesi – non è ancora dato sapere quale sarà il destino del Regno Unito - voteranno non per scegliere un partito nazionale, ma il futuro dell’Unione. Si prospetta infatti una risicata maggioranza per i partiti moderati e l'ascesa di gruppi più nazionalisti ed euroscettici in quello che sarà il Parlamento Ue piú frammentato di sempre.
“Che Europa sarà?” si è chiesto in un convegno l’ISPI, uno dei più autorevoli think-tank europei fondato nel 1934. Un’Europa che deve completare, e in fretta, la traduzione nel concreto della magnifica utopia di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (ispirati da un libro scritto da Junius, pseudonimo di Luigi Einaudi) con la collaborazione di Eugenio Colorni e di Ursula Hirschmann.
Al centro di tutto l’Euro, che nel 2019 compie vent’anni, dal quale dipende l’intera Unione Europea. Una moneta priva di una istituzione di riferimento, conseguenza dell’illusione che all’unione monetaria sarebbe seguita l’unione politica e fiscale, grazie ad un governo continentale in grado di tassare, investire, indebitarsi quando necessario. Non è avvenuto. Ed ogni Paese dell’Eurozona fa la politica economica che gli pare, anche se le sue scelte influiscono sui bilanci di tutti.
Solo per citare, le norme bancarie sono un cantiere aperto dove è stata imposta una sorveglianza europea sulle principali banche, ma non è stata ancora varata una normativa che garantisca chi nelle banche deposita i propri risparmi. E ci sono da adottare politiche fiscali comuni e in tema di lavoro, di difesa, di welfare, di diritti, di innovazione, di immigrazione, di ambiente.
Il problema di fondo, in tema di economia e di vincoli, viene dai Paesi del Nord guidati dalla Germania e investe scelte di ben maggiore calibro: ad esempio, la riluttanza dei Paesi ricchi ad accollarsi i debiti dei Paesi in difficoltà (anche indirettamente attraverso la flessibilita'): saremmo anche disposti a farlo, dice il Nord al Sud del continente, ma prima dovete mettere a posto i vostri conti. Se non ci aiutate, risponde il Sud, non saremo mai in grado di farlo. I fatti e la logica sembrano dar ragione a questi ultimi.
Diversamente, si richiederebbe uno sforzo ultra vires: ad esempio, pur funzionando l'Italia sostanzialmente allo stesso modo dei paesi del Nord ( consistenti avanzi di bilancio) i conti non li riesce a sistemare a causa del costo dell'indebitamento.
A maggio sapremo se l'Unione, gigante economico e nano politico e militare, si darà un assetto in grado di competere con le superpotenze Usa e Cina oppure se è destinata a fare la fine della Lega di Delo.
(Achille Colombo Clerici)
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MM
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Se la maggioranza degli italiani ritiene l’Unione Europea non madre ma matrigna, una maggioranza ancora più grande vuole restare nell’Eurozona dei 19 Paesi. Segnale evidente di una certa confusione che è bene dipanare alla vigilia delle prossime elezioni per l’Europarlamento. Le prime, nelle quali 27 Paesi – non è ancora dato sapere quale sarà il destino del Regno Unito - voteranno non per scegliere un partito nazionale, ma il futuro dell’Unione. Si prospetta infatti una risicata maggioranza per i partiti moderati e l'ascesa di gruppi più nazionalisti ed euroscettici in quello che sarà il Parlamento Ue piú frammentato di sempre.
“Che Europa sarà?” si è chiesto in un convegno l’ISPI, uno dei più autorevoli think-tank europei fondato nel 1934. Un’Europa che deve completare, e in fretta, la traduzione nel concreto della magnifica utopia di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (ispirati da un libro scritto da Junius, pseudonimo di Luigi Einaudi) con la collaborazione di Eugenio Colorni e di Ursula Hirschmann.
Al centro di tutto l’Euro, che nel 2019 compie vent’anni, dal quale dipende l’intera Unione Europea. Una moneta priva di una istituzione di riferimento, conseguenza dell’illusione che all’unione monetaria sarebbe seguita l’unione politica e fiscale, grazie ad un governo continentale in grado di tassare, investire, indebitarsi quando necessario. Non è avvenuto. Ed ogni Paese dell’Eurozona fa la politica economica che gli pare, anche se le sue scelte influiscono sui bilanci di tutti.
Solo per citare, le norme bancarie sono un cantiere aperto dove è stata imposta una sorveglianza europea sulle principali banche, ma non è stata ancora varata una normativa che garantisca chi nelle banche deposita i propri risparmi. E ci sono da adottare politiche fiscali comuni e in tema di lavoro, di difesa, di welfare, di diritti, di innovazione, di immigrazione, di ambiente.
Il problema di fondo, in tema di economia e di vincoli, viene dai Paesi del Nord guidati dalla Germania e investe scelte di ben maggiore calibro: ad esempio, la riluttanza dei Paesi ricchi ad accollarsi i debiti dei Paesi in difficoltà (anche indirettamente attraverso la flessibilita'): saremmo anche disposti a farlo, dice il Nord al Sud del continente, ma prima dovete mettere a posto i vostri conti. Se non ci aiutate, risponde il Sud, non saremo mai in grado di farlo. I fatti e la logica sembrano dar ragione a questi ultimi.
Diversamente, si richiederebbe uno sforzo ultra vires: ad esempio, pur funzionando l'Italia sostanzialmente allo stesso modo dei paesi del Nord ( consistenti avanzi di bilancio) i conti non li riesce a sistemare a causa del costo dell'indebitamento.
A maggio sapremo se l'Unione, gigante economico e nano politico e militare, si darà un assetto in grado di competere con le superpotenze Usa e Cina oppure se è destinata a fare la fine della Lega di Delo.
(Achille Colombo Clerici)
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