Il mondo della Rete ci sommerge? Ci manipola? Ci minaccia? Ci inganna? Induce in noi bisogni e orientamenti subconsci? Insomma, è un fatto di libertà accresciuta e di opportunità moltiplicate, o anche una subdola regressione di dipendenza da un “grande fratello” che ha tentacoli ormai quasi imprendibili per noi?
Non è semplice parlarne, nel senso che si tratta di realtà complessa, che contiene e cumula dentro di sé opportunità e minacce, servizi e inganni, relazioni e insidie. Come gran parte delle cose della vita che ci circonda, del resto. “Che mondo sarebbe senza l’energia elettrica? Immagina gli ospedali, le fabbriche, le città… senza energia elettrica. Sarebbe un mondo più povero. Certo, con l’energia elettrica ti ci puoi però anche giocare la vita, se non la usi bene: puoi morire fulminato da un maneggio malaccorto di fili elettrici…Dipende, insomma, dall’uso che ne fai: le cose usate a fin di bene fanno del bene, le stesse cose usate a fin di male fanno del male”, mi spiegavano i miei maestri.
Deve essere così anche per il mondo pervasivo e avvolgente della Rete. Occorre accostarlo correttamente, apprendere a dominarlo e a non lasciarsene dominare, usarlo a fin di bene e non a fin di male. Ma, per educarsi a tale orientamento positivo, bisogna conoscere con la mente, orientarsi con la volontà, scegliere con libertà responsabile. Nella realtà la Rete trova moltissimi di noi impreparati ad affrontarla con maturità, ed anche le generazioni nuove, che, come suol dirsi, “nascono digitali”, cioè apprendono prestissimo a maneggiare con grande facilità i paesaggi di questo universo, non è affatto detto che lo dominino: anzi, abbiamo davanti a noi moltissimi casi che dimostrano il contrario, cioè un rischio di dipendenza morbosa e malata dalla Rete, una distorsione di uso della Rete a fin di male, consapevole o meno che sia.
E allora iniziamo a parlarne proprio con la consapevolezza di un cammino che vuol partire dalla conoscenza corretta e arrivare a una saggezza d’uso positiva. Giovanni Tomei, che apre con noi questa rubrica, è uno che ne capisce. È ingegnere informatico, intanto, e nel mondo della Rete ci vive quotidianamente a livello professionale. Ma è, non meno, persona che per principio non prescinde dall’applicare all’utilizzo della Rete lo stesso criterio etico di responsabilità che presiede alle altre scelte responsabili di vita. Garante di questo suo approccio è una precisazione che volentieri esce dalla sua bocca quando parliamo con lui di questi problemi: “Sono cresciuto alla scuola di Olivetti, quando era proprio la grande Olivetti del grande Adriano, che certo non concepiva efficienza tecnica senza responsabilità etica”.
Cominciamo, metodologicamente, con il “tagliare l’elefante a fette”, come si dice: cioè con il capire bene il significato di termini e concetti fondamentali per accostarsi alla Rete. Il primo di essi, propostoci da Tomei, è “induzione”. Non possiamo giurare che ogni frase dell’autore sia per tutti noi perspicua, perché alcuni fra noi, come chi scrive questo breve corsivo di presentazione, sono ancora, in materia informatica, come un “pulcino impigliato nella stoppa”, cioè alle prime armi della conoscenza: ma… cominciamo. (Giuseppe Ecca).
°°°°°
In-ducere, indurre, significa “portar dentro”, “attirare a sé”, attraverso forme di persuasione e di azioni indirette, capaci di promuovere scelte che siano ritenute confacenti ad agire in tal senso sul piano individuale.
Gli utenti digitali che navigano in rete sono all'incirca 2 miliardi nel mondo, e lo fanno utilizzando il paradigma di funzionamento digitale, unico e uguale dappertutto, di Internet, attraverso le autostrade digitali delle reti fisiche che avvolgono ogni luogo del nostro pianeta, annullando tempo e spazio alla velocità della luce. Il risultato è che in qualche millisecondo ogni dato ricercato da un punto qualsiasi del globo viene evidenziato a video ovunque esso risieda in forma digitale da qualche parte della Terra.
Questa frase, appena scritta qui sopra, è stata aperta con “utenti digitali”. Occorre riflettere che si è utenti di “qualcosa”. Sul piano “digitale”, significa che da qualche parte il “pensiero digitale” di qualcuno ha costruito quel che si “cerca”.
Pertanto, il “pensiero digitale” conduce a dividere il campo degli esseri umani sempre in due parti, come avviene nella realtà: chi pensa e propone soluzioni digitali, e chi trova quel che vuole tra le cose digitali proposte da chi “pensa digitale”. Un esempio: chi pensa digitale ha costruito WhatsApp e lo ha reso disponibile a tutti noi, per scelta consapevole, sui rispettivi telefoni cellulari della generazione tecnologica degli smart-phones (telefoni intelligenti).
La differenza con la realtà usuale è… l'indifferenza al luogo e al tempo per compiere un'azione cospicua, considerando la velocità della luce con cui si scambiano azioni determinate tra sorgente e destinatario, nella certezza che entrambi concludano l'azione resa disponibile dagli strumenti messi a punto da un pensatore digitale.
La particolarità, che riporta al “pensiero digitale”, pone in evidenza come le relazioni aperte da una comunicazione digitale includano sempre due categorie di esseri umani: chi propone e chi usa quel che viene proposto. Questo, però, sul piano digitale, qualifica chi propone come colui che induce e l’altro come colui che è indotto a utilizzare lo “strumento” che l'induttore ha reso disponibile in “Rete”. E l'utilizzo non è altro che l'apertura di una comunicazione tra due o più “utenti”, ad un livello indotto da colui che ha proposto lo “strumento”, per far accadere un effetto legato a comportamenti pre-determinati, utili all'obbiettivo del proponente.
Si noti che il creatore dello strumento digitale è colui che detiene la conoscenza di quanto avviene nella comunicazione, attraverso cui sviluppa analisi utili a migliorare lo strumento per i fini che ha posto alla base della sua creazione digitale.
Se si riflette sul funzionamento di WhatsApp, si ritrovano questi elementi, costituenti una forma sociale di comunicazione e, tra l'altro, ampiamente studiati in questo ultimo decennio anche sul piano delle neuroscienze cognitive, fino ad entrare nella ricerca della neuro-etica e della neuro-economia, assumendo elementi psicologici essenziali dalla Teoria dei Giochi e dai suoi dilemmi.
Considerando l'interesse a riflettere su possibili azioni digitali utili al gruppo sociale con cui si è in relazione, forse si comprenderà meglio perché si propone l'utilità del pensiero digitale tra noi, per tentare di dimostrare la produttività di uno “strumento” digitale dedicato ai nostri obiettivi, strumento che, per la peculiarità cui è destinato, non può che essere progettato e realizzato con software proprietario.
Basterebbe riflettere sulla dimensione politica, sociale ed economica proposta sul motto “cittadinanza digitale”, dalla piattaforma “Rousseau” della Casaleggio & Associati, per l'evidente contenuto politico che, richiamando i temi dell'induzione, tende a portare acqua al mulino del M5S.
Da notare che non conta “chi”, considerando che, anche con le migliori intenzioni possibili, il “chi” tende a dividere il campo in cui si svolge una partita, mentre è molto più utile il “come”, con quali regole sia possibile indurre il gioco, senza dividere i “tifosi”, nel nostro caso gli “utenti” di una creazione digitale.
Per approfondire, propongo una analisi sintetica attraverso il portale web che tratta di una “induzione digitale” particolare. Si tratta di un insieme di servizi di crowdfunding (raccolta di fondi) che inducono il “dono”: https://www.helpfreely.org/it/.
Chi ha realizzato questo portale per renderlo usufruibile sulla “Rete” ai circa 2 miliardi potenziali di utenti digitali che navigano su Internet, ha cominciato col riflettere che, per indurre comportamenti predeterminati, era necessario operare una prima scelta: proporlo sul web in molte lingue. Infatti, se si analizza il nome del “Dominio” nella barra iniziale che, finendo con “/it”, indica che dopo il nome a Dominio originale: “helpfreely.org”, ogni “/tld-sigla di un paese”, nel nostro caso “/it”, a indicare “Italia”, permetterà la visione del portale agli “utenti” potenziali nella lingua del luogo.
Procedendo, appare intuitiva la relazione aperta tra gli utenti del portale provando a spiegare il significato effettivo di “Tu compri, Noi doniamo!”. Alla lettera, significa che “Noi” è il proprietario del portale web, il quale induce tre categorie di soggetti “utenti” dello strumento a interagire attraverso il portale su due piani essenziali, ma con significati diversi, al fine di essere ciascuno un “Noi”, indotto ad agire sulla percezione dei “vantaggi” che ciascuno ricava dalla partecipazione, iscrivendosi al portale per potere essere utente dei servizi disponibili:
1. Iscrizione al portale di una Organizzazione “No Profit”;
2. Iscrizione al portale di un “utente digitale”, in qualità di “cittadino consumatore”;
3. Iscrizione al portale di un “utente digitale”, in qualità di “Negoziante” che accetta di
partecipare al “dono”, riconoscendo una quota di “moneta corrente” per gli acquisti
effettuati nel suo negozio da parte di un “cittadino consumatore” che intenda favorire una
specifica organizzazione “no profit” iscritta.
I processi induttivi promossi dai servizi che accompagnano l'iscrizione al portale:
1. L'Organizzazione No Profit, partecipa volentieri perché ha tutta per sé una vetrina sul
mondo digitale che promuove in generale il suo scopo, oltre che per godere di un
meccanismo di comunicazione, come raccolta fondi indotta dal sistema costruito dal
“pensiero digitale” che identifichiamo in “Noi”, verso i potenziali utenti digitali del
“sistema” presente sulla “Rete”, per di più con il vantaggio di indurre la medesima
fattispecie del “dono” oltre i confini nazionali e nella lingua del luogo.
2. L'utente digitale, come cittadino consumatore, è attratto dal portale perché ritrova un modo corrispondente a una sua necessità emotiva, che promuove e spinge a donare
all'organizzazione no profit da lui indicata, ma senza che questo comporti alcun impegno
personale, se non mettere a frutto la sua qualità di “consumatore”, al fine di acquistare beni e servizi nei “Negozi” indicati nel portale, al fine di predeterminare la quantità di dono che sarà erogata alla organizzazione no profit da lui indicata.
3. Il “Negozio”, partecipa volentieri al portale, percependone il valore marketing di
promozione del suo marchio e dei suoi prodotti-servizi, cui si aggiunge
l'effetto emotivo della partecipazione solidaristica a procurare fondi alle organizzazioni no
profit, predeterminati dai consumatori, sulla quota corrispondente al “dono”, funzione
dell'importo dell'acquisto effettuato, contribuendo al posizionamento competitivo sul
mercato di quel “Negozio”.
4. “Noi”, il riflessivo digitale che ha pensato tutto questo, non ha fatto altro che indurre la
convergenza di comportamenti, in modo che ciascuno fosse consapevole di assolvere ad una funzione determinata, ma sulla circostanza di essere stato indotto a quel comportamento per i “vantaggi” ricavabili.
Un insieme intelligente, smart, basato sul valore cognitivo ed emotivo costruito da una persona, o un gruppo, che ha messo a punto lo “strumento” pubblicandolo sulla “Rete”, sotto il nome di “help freely”, un modo di promuovere “un aiuto libero e facile”, alla portata di tutti, per aiutare, oltre la propria condizione sociale, economica e giuridica, interpretabile nel motto “Tu compri, Noi doniamo!”.
E i vantaggi indotti dal pensiero digitale non sono tutti qui, se si riflette che le basi di dati, sulle proiezioni attese per Paese, agendo sul “Terzo settore” e sull'economia reale, che parla di relazioni di scambio tra “consumatori” e “operatori commerciali”, porta conoscenza puntuale, anche sul piano della localizzazione degli utenti nei territori in cui risiedono, che promuove ulteriori vantaggi per ulteriori pensieri digitali e su molteplici piani.
Un modo per affrontare i temi della comunicazione digitale dal lato del “Noi”, sul piano dell'induzione verso azioni predeterminate di soggetti terzi, utili a scambiare sulla rete comunicazioni e vantaggi promossi da un gruppo di persone in grado di avere “pensieri digitali”, per costruire strade comuni e per obiettivi che sarebbe opportuno scaturiscano da riflessioni dialogiche tra chi ne dovesse percepire l’utilità.
(Giovanni Tomei)
Non è semplice parlarne, nel senso che si tratta di realtà complessa, che contiene e cumula dentro di sé opportunità e minacce, servizi e inganni, relazioni e insidie. Come gran parte delle cose della vita che ci circonda, del resto. “Che mondo sarebbe senza l’energia elettrica? Immagina gli ospedali, le fabbriche, le città… senza energia elettrica. Sarebbe un mondo più povero. Certo, con l’energia elettrica ti ci puoi però anche giocare la vita, se non la usi bene: puoi morire fulminato da un maneggio malaccorto di fili elettrici…Dipende, insomma, dall’uso che ne fai: le cose usate a fin di bene fanno del bene, le stesse cose usate a fin di male fanno del male”, mi spiegavano i miei maestri.
Deve essere così anche per il mondo pervasivo e avvolgente della Rete. Occorre accostarlo correttamente, apprendere a dominarlo e a non lasciarsene dominare, usarlo a fin di bene e non a fin di male. Ma, per educarsi a tale orientamento positivo, bisogna conoscere con la mente, orientarsi con la volontà, scegliere con libertà responsabile. Nella realtà la Rete trova moltissimi di noi impreparati ad affrontarla con maturità, ed anche le generazioni nuove, che, come suol dirsi, “nascono digitali”, cioè apprendono prestissimo a maneggiare con grande facilità i paesaggi di questo universo, non è affatto detto che lo dominino: anzi, abbiamo davanti a noi moltissimi casi che dimostrano il contrario, cioè un rischio di dipendenza morbosa e malata dalla Rete, una distorsione di uso della Rete a fin di male, consapevole o meno che sia.
E allora iniziamo a parlarne proprio con la consapevolezza di un cammino che vuol partire dalla conoscenza corretta e arrivare a una saggezza d’uso positiva. Giovanni Tomei, che apre con noi questa rubrica, è uno che ne capisce. È ingegnere informatico, intanto, e nel mondo della Rete ci vive quotidianamente a livello professionale. Ma è, non meno, persona che per principio non prescinde dall’applicare all’utilizzo della Rete lo stesso criterio etico di responsabilità che presiede alle altre scelte responsabili di vita. Garante di questo suo approccio è una precisazione che volentieri esce dalla sua bocca quando parliamo con lui di questi problemi: “Sono cresciuto alla scuola di Olivetti, quando era proprio la grande Olivetti del grande Adriano, che certo non concepiva efficienza tecnica senza responsabilità etica”.
Cominciamo, metodologicamente, con il “tagliare l’elefante a fette”, come si dice: cioè con il capire bene il significato di termini e concetti fondamentali per accostarsi alla Rete. Il primo di essi, propostoci da Tomei, è “induzione”. Non possiamo giurare che ogni frase dell’autore sia per tutti noi perspicua, perché alcuni fra noi, come chi scrive questo breve corsivo di presentazione, sono ancora, in materia informatica, come un “pulcino impigliato nella stoppa”, cioè alle prime armi della conoscenza: ma… cominciamo. (Giuseppe Ecca).
°°°°°
In-ducere, indurre, significa “portar dentro”, “attirare a sé”, attraverso forme di persuasione e di azioni indirette, capaci di promuovere scelte che siano ritenute confacenti ad agire in tal senso sul piano individuale.
Gli utenti digitali che navigano in rete sono all'incirca 2 miliardi nel mondo, e lo fanno utilizzando il paradigma di funzionamento digitale, unico e uguale dappertutto, di Internet, attraverso le autostrade digitali delle reti fisiche che avvolgono ogni luogo del nostro pianeta, annullando tempo e spazio alla velocità della luce. Il risultato è che in qualche millisecondo ogni dato ricercato da un punto qualsiasi del globo viene evidenziato a video ovunque esso risieda in forma digitale da qualche parte della Terra.
Questa frase, appena scritta qui sopra, è stata aperta con “utenti digitali”. Occorre riflettere che si è utenti di “qualcosa”. Sul piano “digitale”, significa che da qualche parte il “pensiero digitale” di qualcuno ha costruito quel che si “cerca”.
Pertanto, il “pensiero digitale” conduce a dividere il campo degli esseri umani sempre in due parti, come avviene nella realtà: chi pensa e propone soluzioni digitali, e chi trova quel che vuole tra le cose digitali proposte da chi “pensa digitale”. Un esempio: chi pensa digitale ha costruito WhatsApp e lo ha reso disponibile a tutti noi, per scelta consapevole, sui rispettivi telefoni cellulari della generazione tecnologica degli smart-phones (telefoni intelligenti).
La differenza con la realtà usuale è… l'indifferenza al luogo e al tempo per compiere un'azione cospicua, considerando la velocità della luce con cui si scambiano azioni determinate tra sorgente e destinatario, nella certezza che entrambi concludano l'azione resa disponibile dagli strumenti messi a punto da un pensatore digitale.
La particolarità, che riporta al “pensiero digitale”, pone in evidenza come le relazioni aperte da una comunicazione digitale includano sempre due categorie di esseri umani: chi propone e chi usa quel che viene proposto. Questo, però, sul piano digitale, qualifica chi propone come colui che induce e l’altro come colui che è indotto a utilizzare lo “strumento” che l'induttore ha reso disponibile in “Rete”. E l'utilizzo non è altro che l'apertura di una comunicazione tra due o più “utenti”, ad un livello indotto da colui che ha proposto lo “strumento”, per far accadere un effetto legato a comportamenti pre-determinati, utili all'obbiettivo del proponente.
Si noti che il creatore dello strumento digitale è colui che detiene la conoscenza di quanto avviene nella comunicazione, attraverso cui sviluppa analisi utili a migliorare lo strumento per i fini che ha posto alla base della sua creazione digitale.
Se si riflette sul funzionamento di WhatsApp, si ritrovano questi elementi, costituenti una forma sociale di comunicazione e, tra l'altro, ampiamente studiati in questo ultimo decennio anche sul piano delle neuroscienze cognitive, fino ad entrare nella ricerca della neuro-etica e della neuro-economia, assumendo elementi psicologici essenziali dalla Teoria dei Giochi e dai suoi dilemmi.
Considerando l'interesse a riflettere su possibili azioni digitali utili al gruppo sociale con cui si è in relazione, forse si comprenderà meglio perché si propone l'utilità del pensiero digitale tra noi, per tentare di dimostrare la produttività di uno “strumento” digitale dedicato ai nostri obiettivi, strumento che, per la peculiarità cui è destinato, non può che essere progettato e realizzato con software proprietario.
Basterebbe riflettere sulla dimensione politica, sociale ed economica proposta sul motto “cittadinanza digitale”, dalla piattaforma “Rousseau” della Casaleggio & Associati, per l'evidente contenuto politico che, richiamando i temi dell'induzione, tende a portare acqua al mulino del M5S.
Da notare che non conta “chi”, considerando che, anche con le migliori intenzioni possibili, il “chi” tende a dividere il campo in cui si svolge una partita, mentre è molto più utile il “come”, con quali regole sia possibile indurre il gioco, senza dividere i “tifosi”, nel nostro caso gli “utenti” di una creazione digitale.
Per approfondire, propongo una analisi sintetica attraverso il portale web che tratta di una “induzione digitale” particolare. Si tratta di un insieme di servizi di crowdfunding (raccolta di fondi) che inducono il “dono”: https://www.helpfreely.org/it/.
Chi ha realizzato questo portale per renderlo usufruibile sulla “Rete” ai circa 2 miliardi potenziali di utenti digitali che navigano su Internet, ha cominciato col riflettere che, per indurre comportamenti predeterminati, era necessario operare una prima scelta: proporlo sul web in molte lingue. Infatti, se si analizza il nome del “Dominio” nella barra iniziale che, finendo con “/it”, indica che dopo il nome a Dominio originale: “helpfreely.org”, ogni “/tld-sigla di un paese”, nel nostro caso “/it”, a indicare “Italia”, permetterà la visione del portale agli “utenti” potenziali nella lingua del luogo.
Procedendo, appare intuitiva la relazione aperta tra gli utenti del portale provando a spiegare il significato effettivo di “Tu compri, Noi doniamo!”. Alla lettera, significa che “Noi” è il proprietario del portale web, il quale induce tre categorie di soggetti “utenti” dello strumento a interagire attraverso il portale su due piani essenziali, ma con significati diversi, al fine di essere ciascuno un “Noi”, indotto ad agire sulla percezione dei “vantaggi” che ciascuno ricava dalla partecipazione, iscrivendosi al portale per potere essere utente dei servizi disponibili:
1. Iscrizione al portale di una Organizzazione “No Profit”;
2. Iscrizione al portale di un “utente digitale”, in qualità di “cittadino consumatore”;
3. Iscrizione al portale di un “utente digitale”, in qualità di “Negoziante” che accetta di
partecipare al “dono”, riconoscendo una quota di “moneta corrente” per gli acquisti
effettuati nel suo negozio da parte di un “cittadino consumatore” che intenda favorire una
specifica organizzazione “no profit” iscritta.
I processi induttivi promossi dai servizi che accompagnano l'iscrizione al portale:
1. L'Organizzazione No Profit, partecipa volentieri perché ha tutta per sé una vetrina sul
mondo digitale che promuove in generale il suo scopo, oltre che per godere di un
meccanismo di comunicazione, come raccolta fondi indotta dal sistema costruito dal
“pensiero digitale” che identifichiamo in “Noi”, verso i potenziali utenti digitali del
“sistema” presente sulla “Rete”, per di più con il vantaggio di indurre la medesima
fattispecie del “dono” oltre i confini nazionali e nella lingua del luogo.
2. L'utente digitale, come cittadino consumatore, è attratto dal portale perché ritrova un modo corrispondente a una sua necessità emotiva, che promuove e spinge a donare
all'organizzazione no profit da lui indicata, ma senza che questo comporti alcun impegno
personale, se non mettere a frutto la sua qualità di “consumatore”, al fine di acquistare beni e servizi nei “Negozi” indicati nel portale, al fine di predeterminare la quantità di dono che sarà erogata alla organizzazione no profit da lui indicata.
3. Il “Negozio”, partecipa volentieri al portale, percependone il valore marketing di
promozione del suo marchio e dei suoi prodotti-servizi, cui si aggiunge
l'effetto emotivo della partecipazione solidaristica a procurare fondi alle organizzazioni no
profit, predeterminati dai consumatori, sulla quota corrispondente al “dono”, funzione
dell'importo dell'acquisto effettuato, contribuendo al posizionamento competitivo sul
mercato di quel “Negozio”.
4. “Noi”, il riflessivo digitale che ha pensato tutto questo, non ha fatto altro che indurre la
convergenza di comportamenti, in modo che ciascuno fosse consapevole di assolvere ad una funzione determinata, ma sulla circostanza di essere stato indotto a quel comportamento per i “vantaggi” ricavabili.
Un insieme intelligente, smart, basato sul valore cognitivo ed emotivo costruito da una persona, o un gruppo, che ha messo a punto lo “strumento” pubblicandolo sulla “Rete”, sotto il nome di “help freely”, un modo di promuovere “un aiuto libero e facile”, alla portata di tutti, per aiutare, oltre la propria condizione sociale, economica e giuridica, interpretabile nel motto “Tu compri, Noi doniamo!”.
E i vantaggi indotti dal pensiero digitale non sono tutti qui, se si riflette che le basi di dati, sulle proiezioni attese per Paese, agendo sul “Terzo settore” e sull'economia reale, che parla di relazioni di scambio tra “consumatori” e “operatori commerciali”, porta conoscenza puntuale, anche sul piano della localizzazione degli utenti nei territori in cui risiedono, che promuove ulteriori vantaggi per ulteriori pensieri digitali e su molteplici piani.
Un modo per affrontare i temi della comunicazione digitale dal lato del “Noi”, sul piano dell'induzione verso azioni predeterminate di soggetti terzi, utili a scambiare sulla rete comunicazioni e vantaggi promossi da un gruppo di persone in grado di avere “pensieri digitali”, per costruire strade comuni e per obiettivi che sarebbe opportuno scaturiscano da riflessioni dialogiche tra chi ne dovesse percepire l’utilità.
(Giovanni Tomei)
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