Ci sono libri e libri, naturalmente. Ci sono anche libri che meritano solo il cestino. Fatti per propaganda, o per fare soldi, o per altre povere ragioni. Ma i libri veri… quelli nei quali l’anima parla, il pensiero ricerca, la parola si approfondisce… Il mio libro è quello, il mio regno è quello.
Me lo trovo fra le mani. Lo tasto, lo strofino, e certe volte distrattamente lo maltratto o lo macchio col caffè.
Il mio libro.
Di questi tempi non ne posso a fare a meno, specie la sera, prima di prendere sonno. Le livre de chevet lo chiamano i francesi, il libro del cuscino, lì, sul comodino, fra mille cianfrusaglie utili per la sera e la notte, la tisana, gli occhiali, le pillole per la pressione; lui, il mio libro, è anche il mio amico e fra poco mi accompagnerà a prendere sonno.
Il libro di stasera non è la Bibbia e non è un libro religioso: è solo un libro di letteratura, magari di poesia o di racconti. Ma è sacro lo stesso; ogni libro ha la sua sacralità e coltiva la pretesa di essere il preferito.
Cos'è un libro, cos'è una scrittura?
Stasera mi viene in mente un'altra mia dimenticanza. Non ho mai ringraziato Iddio e la vita del grande regalo di leggere e di scrivere (e di poter andare a teatro o al cinema). Ma non è mai tardi.
Torno alla sinagoga di Nazareth e quasi mi ci trovo bene. Non perché quella gente mi stia simpatica; ci torno solo per contemplare Lui. Guardalo, sta leggendo. L'unica volta nel vangelo: Gesù chiede di leggere, gli piace leggere, è importante leggere, è meraviglioso leggere.
Dici scrittura e pensi a un'idea che non va persa. La parola, invece, appena fuori dai denti si alza e si sperde. La scrittura fu il passo decisivo verso la civiltà: i caratteri, gli ideogrammi, gli alfabeti, le grafiche, le tecniche, ne segneranno la strada.
Le mie idee: appena scritte posso vederle vivere e muoversi e torcersi come fossero i personaggi di una mia commedia. Le mie fantasie: non solo prendono il tono dalla mia voce ma ora addirittura le tasto e le afferro. E mi commuovo due volte.
La scrittura: due segni, due ghirigori, un geroglifico, e la pagina si anima e suona.
Che miracolo, la scrittura. I pensieri del mio cervello sono lì ora, impressi, chiari, evidenti, sotto gli occhi di tutti. È come se la mia testa si fosse spaccata e quei sogni fossero colati giù lungo le mie braccia e, fra dita, penne e tastiera si piantassero belli, neri o colorati, sul foglio.
Ma non ti sembra la creazione di un dio? Guardale, le mie speranze e le mie proteste, come brillano e sgusciano fra i margini e gli spazi: eccole lì, grandi, piccole, in grassetto, in corsivo. I miei pensieri, appena concepiti e nati, pluff, ora scorrono vivi su una pagina, liberi di andare, piacere, annoiare, far arrabbiare, oppure dritti dritti al cestino. Se poi cascano sul video basta un niente e… clic, posta indesiderata, finito.
Il mio libro stasera è un classico e lo riprendo in mano dopo anni, ma appena mi stancherò ci farò l'orecchietta, ci metterò una cartolina o un santino e ci tornerò domani.
Il mio libro. Nato chissà quando, da quali amori e delusioni, entusiasmi o ricordi: chissà. Ora è qui, la sua vita è con me e mi si infila dentro e resto col dito fra copertina e ultimo foglio, sorpreso e sospeso.
Col mio libro ci parlo, lo strazio di segni, di chiose e postille, come un vecchio amanuense. Col mio libro mi fermo, ci sto, e domani in pizzeria ne parleremo: con lui o con lei il mio libro circolerà e nascerà in altre teste e in anime diverse.
Comunicare, intermediare, trasmettere. I media. Gli inchiostri, i fili di rame, le fibre ottiche, tutto, senza demonizzare niente, appena mi serve e ne ho voglia lo uso; se no, smetto. Testi e libri, scritture e giornali: tutte le invenzioni di ieri e di oggi. Tutto, pur di mediare o stringere l'umanità e radunarla e (se ci si fa) impedirle di combattersi e distruggersi. Stampa o kindle o mail o social network, come, quando, dove, non importa, oggi catturano, prendono ed eccitano miliardi di uomini e donne. Si scrive, si legge ,si pensa, si crede, si rifiuta.
La biblioteca di Alessandria nel II secolo avanti Cristo: anche la Bibbia ebraica tradotta nel greco koinè. Oggi Amazon, Google, Apple, già milioni di libri in archivio. L'universo che non vuole soffocare nell'ignoranza e nella depressione. Distruggere una biblioteca, come a Timbuctu, è un genocidio.
Parlare è vivere, leggere e scrivere è il piacere di vivere.
Le religioni furono fra le prime a capirlo. Non bastavano più scuole e maestri per poi mandare a memoria saghe e racconti. Per bocca, si sa, tutto vola e domani… chi se ne ricorda? Nascono le scritture, la religione si organizza e fa suo, tramanda e custodisce, copia, trasmette, inventa, costruisce da capo. Una specie di eternità fra umani. Finché conserveremo quei testi Iddio ci parlerà e ne sentiremo gli accenti e ne godremo le pause e le sue melodie ci daranno conforto. Le scritture diventano l'asse portante della religione. Se ci distruggessero il tempio, se mandassero a fuoco sinagoghe, chiese e moschee, avanti ancora. Le scritture saranno il nostro tempio mobile.
Il momento delle sacre scritture: il lettore si avvicina al leggio e io tremo di attesa. Fra poco aprirà il grande libro, Gesù svolgerà il rotolo e piano piano la voce dell'antico profeta sbatterà fra le pareti del mio cervello. Alla fine risponderò amen anche se, come sempre, la lettura mi troverà incerto, balbettante e pieno di distrazioni. Poi mi riprenderò e penserò: “La scrittura ha riportato qui il profeta, come se fossi vissuto al suo tempo”.
Che genesi, amico mio, che creazione, la scrittura, la lettura e l'ascolto. Non ho più fiato e lacrime per dire grazie.
Poi certo la scrittura, come a far rima, mette paura. Perché, vuoi sapere? Ma è chiaro, perché rende liberi e crea e costruisce gli uomini liberi. Nessun potere ama scrittori, poeti, compositori e giornalisti. Nessuno. Scrivendo e leggendo si fa opinione, si allarga il dissenso, si abbattono i recinti e le censure. Difatti: guarda come va a finire qui a Nazareth: lo prendono a calci, lo spingono, lo trascinano fuori, lo cacciano. Per miracolo Gesù si svincola e scappa. Sempre così.
Quella mattina del 1600, in pieno anno santo, così trascinavano Bruno a Campo de’ fiori. Gli avevano messo la mordacchia, una specie di pettine di ferro che gli serrava le labbra perché finalmente smettesse di proclamare le sue idee. Ma quelle erano già libere e vive perché scritte, stampate, e tutta Europa le conosceva e le discuteva da tempo. I nazisti con il rogo di libri e dipinti non riuscirono a distruggere il teatro di Brecht e di Kurt Weill, la musica di Alban Berg e dei cabaret di Berlino, l'espressionismo e la Bauhaus. Così Stalin con Shostakovic e Prokoviev.
La stampa, la fotografia, il cinema, salveranno la libertà.
Il mio libro, il mio regno.
Come Il profeta Ezechiele vorrei quasi mangiarlo, il mio libro.
Sarebbe troppo?
Ora è tardi e lo poso sul comodino. A domani.
(Viscardo Lauro)
Me lo trovo fra le mani. Lo tasto, lo strofino, e certe volte distrattamente lo maltratto o lo macchio col caffè.
Il mio libro.
Di questi tempi non ne posso a fare a meno, specie la sera, prima di prendere sonno. Le livre de chevet lo chiamano i francesi, il libro del cuscino, lì, sul comodino, fra mille cianfrusaglie utili per la sera e la notte, la tisana, gli occhiali, le pillole per la pressione; lui, il mio libro, è anche il mio amico e fra poco mi accompagnerà a prendere sonno.
Il libro di stasera non è la Bibbia e non è un libro religioso: è solo un libro di letteratura, magari di poesia o di racconti. Ma è sacro lo stesso; ogni libro ha la sua sacralità e coltiva la pretesa di essere il preferito.
Cos'è un libro, cos'è una scrittura?
Stasera mi viene in mente un'altra mia dimenticanza. Non ho mai ringraziato Iddio e la vita del grande regalo di leggere e di scrivere (e di poter andare a teatro o al cinema). Ma non è mai tardi.
Torno alla sinagoga di Nazareth e quasi mi ci trovo bene. Non perché quella gente mi stia simpatica; ci torno solo per contemplare Lui. Guardalo, sta leggendo. L'unica volta nel vangelo: Gesù chiede di leggere, gli piace leggere, è importante leggere, è meraviglioso leggere.
Dici scrittura e pensi a un'idea che non va persa. La parola, invece, appena fuori dai denti si alza e si sperde. La scrittura fu il passo decisivo verso la civiltà: i caratteri, gli ideogrammi, gli alfabeti, le grafiche, le tecniche, ne segneranno la strada.
Le mie idee: appena scritte posso vederle vivere e muoversi e torcersi come fossero i personaggi di una mia commedia. Le mie fantasie: non solo prendono il tono dalla mia voce ma ora addirittura le tasto e le afferro. E mi commuovo due volte.
La scrittura: due segni, due ghirigori, un geroglifico, e la pagina si anima e suona.
Che miracolo, la scrittura. I pensieri del mio cervello sono lì ora, impressi, chiari, evidenti, sotto gli occhi di tutti. È come se la mia testa si fosse spaccata e quei sogni fossero colati giù lungo le mie braccia e, fra dita, penne e tastiera si piantassero belli, neri o colorati, sul foglio.
Ma non ti sembra la creazione di un dio? Guardale, le mie speranze e le mie proteste, come brillano e sgusciano fra i margini e gli spazi: eccole lì, grandi, piccole, in grassetto, in corsivo. I miei pensieri, appena concepiti e nati, pluff, ora scorrono vivi su una pagina, liberi di andare, piacere, annoiare, far arrabbiare, oppure dritti dritti al cestino. Se poi cascano sul video basta un niente e… clic, posta indesiderata, finito.
Il mio libro stasera è un classico e lo riprendo in mano dopo anni, ma appena mi stancherò ci farò l'orecchietta, ci metterò una cartolina o un santino e ci tornerò domani.
Il mio libro. Nato chissà quando, da quali amori e delusioni, entusiasmi o ricordi: chissà. Ora è qui, la sua vita è con me e mi si infila dentro e resto col dito fra copertina e ultimo foglio, sorpreso e sospeso.
Col mio libro ci parlo, lo strazio di segni, di chiose e postille, come un vecchio amanuense. Col mio libro mi fermo, ci sto, e domani in pizzeria ne parleremo: con lui o con lei il mio libro circolerà e nascerà in altre teste e in anime diverse.
Comunicare, intermediare, trasmettere. I media. Gli inchiostri, i fili di rame, le fibre ottiche, tutto, senza demonizzare niente, appena mi serve e ne ho voglia lo uso; se no, smetto. Testi e libri, scritture e giornali: tutte le invenzioni di ieri e di oggi. Tutto, pur di mediare o stringere l'umanità e radunarla e (se ci si fa) impedirle di combattersi e distruggersi. Stampa o kindle o mail o social network, come, quando, dove, non importa, oggi catturano, prendono ed eccitano miliardi di uomini e donne. Si scrive, si legge ,si pensa, si crede, si rifiuta.
La biblioteca di Alessandria nel II secolo avanti Cristo: anche la Bibbia ebraica tradotta nel greco koinè. Oggi Amazon, Google, Apple, già milioni di libri in archivio. L'universo che non vuole soffocare nell'ignoranza e nella depressione. Distruggere una biblioteca, come a Timbuctu, è un genocidio.
Parlare è vivere, leggere e scrivere è il piacere di vivere.
Le religioni furono fra le prime a capirlo. Non bastavano più scuole e maestri per poi mandare a memoria saghe e racconti. Per bocca, si sa, tutto vola e domani… chi se ne ricorda? Nascono le scritture, la religione si organizza e fa suo, tramanda e custodisce, copia, trasmette, inventa, costruisce da capo. Una specie di eternità fra umani. Finché conserveremo quei testi Iddio ci parlerà e ne sentiremo gli accenti e ne godremo le pause e le sue melodie ci daranno conforto. Le scritture diventano l'asse portante della religione. Se ci distruggessero il tempio, se mandassero a fuoco sinagoghe, chiese e moschee, avanti ancora. Le scritture saranno il nostro tempio mobile.
Il momento delle sacre scritture: il lettore si avvicina al leggio e io tremo di attesa. Fra poco aprirà il grande libro, Gesù svolgerà il rotolo e piano piano la voce dell'antico profeta sbatterà fra le pareti del mio cervello. Alla fine risponderò amen anche se, come sempre, la lettura mi troverà incerto, balbettante e pieno di distrazioni. Poi mi riprenderò e penserò: “La scrittura ha riportato qui il profeta, come se fossi vissuto al suo tempo”.
Che genesi, amico mio, che creazione, la scrittura, la lettura e l'ascolto. Non ho più fiato e lacrime per dire grazie.
Poi certo la scrittura, come a far rima, mette paura. Perché, vuoi sapere? Ma è chiaro, perché rende liberi e crea e costruisce gli uomini liberi. Nessun potere ama scrittori, poeti, compositori e giornalisti. Nessuno. Scrivendo e leggendo si fa opinione, si allarga il dissenso, si abbattono i recinti e le censure. Difatti: guarda come va a finire qui a Nazareth: lo prendono a calci, lo spingono, lo trascinano fuori, lo cacciano. Per miracolo Gesù si svincola e scappa. Sempre così.
Quella mattina del 1600, in pieno anno santo, così trascinavano Bruno a Campo de’ fiori. Gli avevano messo la mordacchia, una specie di pettine di ferro che gli serrava le labbra perché finalmente smettesse di proclamare le sue idee. Ma quelle erano già libere e vive perché scritte, stampate, e tutta Europa le conosceva e le discuteva da tempo. I nazisti con il rogo di libri e dipinti non riuscirono a distruggere il teatro di Brecht e di Kurt Weill, la musica di Alban Berg e dei cabaret di Berlino, l'espressionismo e la Bauhaus. Così Stalin con Shostakovic e Prokoviev.
La stampa, la fotografia, il cinema, salveranno la libertà.
Il mio libro, il mio regno.
Come Il profeta Ezechiele vorrei quasi mangiarlo, il mio libro.
Sarebbe troppo?
Ora è tardi e lo poso sul comodino. A domani.
(Viscardo Lauro)
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