Il coronavirus non fa sconti agli anziani e li sta falciando. La combinazione con patologie pregresse è l’attestato per il congedo dalla vita. Non avevano la fedina sanitaria pulita. Giustificata la compassionevole rassegnazione della collettività nei confronti di un virus impensabile la cui rapida diffusione impone anche il calcolo probabilistico della sopravvivenza nell’uso delle risorse mediche rese scarse dall’emergenza.
Occorre dire che l’anziano ha già fatto i conti con la residua sabbia rimasta nella sua clessidra e ha la dimensione del futuro disponibile di cui è privo il giovane, immerso in un presente senza confine.
La dignità della morte per l’anziano è il compimento della dignità della vita.
La cultura greca a latina hanno coltivato il valore della “buona morte” rappresentata dal termine euthanasia. Noi siamo eredi di una cultura diversa, forgiata dalla rivoluzione cristiana, che non è estranea alla dignità della morte. Che dire, oggi, di fronte alla sofferenza degli anziani contagiati, isolati da ogni conforto umano, che annaspano nella fatica di riempire d’aria i polmoni che non funzionano più? Un evento tragico che ripropone il tema, sempre presente, della ricerca di un equilibrio etico tra la sacralità della vita e l’autodeterminazione del malato come espressione terminale della sua libertà di coscienza. Due valori compresenti nell’umanesimo cristiano. Certo, una libertà rischiosa che deve misurarsi anche con i progressi della scienza medica e dell’ingegneria genetica che hanno superato i limiti che si pensavano invalicabili e intrinseci nella natura umana.
Ma torniamo anche alla realtà dell’anziano che è sfuggito al contagio. Nessuno oggi è in grado di prevedere quanto durerà l’emergenza sanitaria né di escludere altre ricadute fino a quando non si avrà un nuovo vaccino. Ci sarà una lunga fase di transizione che ritarderà, soprattutto per gli anziani, il ritorno alla vita normale. Essi avranno bisogno di cure e di assistenza, di solidarietà da parte della collettività ad integrazione di quella fornita dalle famiglie che escono stremate dalla crisi.
Ricevere solidarietà significa anche porsi nella condizione di offrirla agli altri. Il vasto mondo degli anziani è variegato nella sua composizione. L’allungamento della vita ha allargato il numero di anziani in pensione che hanno ancora la capacità di partecipare alla vita economica e sociale.
In primo luogo gli anziani sono mediamente più ricchi delle generazioni successive. Hanno vissuto stagioni di crescita economica e di stabilità occupazionale che ne ha fatto dei buoni risparmiatori, anche perché sobri nei consumi. Questi anziani, divenuti nonni, si sono prodigati nel sostegno economico alle loro famiglie in difficoltà e soprattutto a favore dei nipoti, svantaggiati da un sistema sociale che premia gli interessi più forti e rappresentati. Hanno dato vita, a seconda delle loro possibilità, a un welfare familiare di cui avvertono il breve respiro. L’esperienza di vita ha loro insegnato che se il sistema economico non torna a produrre nuova ricchezza, il loro impegno solidale è destinato a naufragare nel declino del Paese. Ma nello stesso tempo il loro diretto coinvolgimento nelle crisi precedenti, per lo più irrisolte, li rende particolarmente consapevoli delle discontinuità da gestire per uscire dall’emergenza in corso, senza precedenti per gravità.
In secondo luogo gli anziani sono anche portatori di conoscenze e di competenze, un bacino potenziale di opportunità, nella prospettiva, ormai data per certa, di una prossima e grave recessione economica. Il Paese, nel suo processo di ricostruzione, dovrà attivare un forte processo di deburocratizzazione per ridare vigore all’iniziativa dei diversi attori, pubblici e privati, dello sviluppo. In questo processo si possono anche prevedere forme organizzative flessibili per il reinserimento nel ciclo produttivo e del volontariato sociale delle competenze maturate dagli anziani. Così come i medici in pensione si sono mobilitati per rispondere alla crisi sanitaria, altre categorie professionali di pensionati possono dare il loro contributo al rafforzamento delle strutture tecnico-scientifiche che hanno manifestato la loro fragilità nel corso della crisi.
In conclusione, gli anziani possono ancora dare solidarietà, oltre che riceverla. Una occasione per uscire dagli steccati corporativi. Nella crisi torniamo tutti ad essere comunità. Tutti dobbiamo remare nella stessa direzione per evitare che la barca affondi nella tempesta perfetta che è in atto.
(Giuseppe Bianchi)
MM
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Occorre dire che l’anziano ha già fatto i conti con la residua sabbia rimasta nella sua clessidra e ha la dimensione del futuro disponibile di cui è privo il giovane, immerso in un presente senza confine.
La dignità della morte per l’anziano è il compimento della dignità della vita.
La cultura greca a latina hanno coltivato il valore della “buona morte” rappresentata dal termine euthanasia. Noi siamo eredi di una cultura diversa, forgiata dalla rivoluzione cristiana, che non è estranea alla dignità della morte. Che dire, oggi, di fronte alla sofferenza degli anziani contagiati, isolati da ogni conforto umano, che annaspano nella fatica di riempire d’aria i polmoni che non funzionano più? Un evento tragico che ripropone il tema, sempre presente, della ricerca di un equilibrio etico tra la sacralità della vita e l’autodeterminazione del malato come espressione terminale della sua libertà di coscienza. Due valori compresenti nell’umanesimo cristiano. Certo, una libertà rischiosa che deve misurarsi anche con i progressi della scienza medica e dell’ingegneria genetica che hanno superato i limiti che si pensavano invalicabili e intrinseci nella natura umana.
Ma torniamo anche alla realtà dell’anziano che è sfuggito al contagio. Nessuno oggi è in grado di prevedere quanto durerà l’emergenza sanitaria né di escludere altre ricadute fino a quando non si avrà un nuovo vaccino. Ci sarà una lunga fase di transizione che ritarderà, soprattutto per gli anziani, il ritorno alla vita normale. Essi avranno bisogno di cure e di assistenza, di solidarietà da parte della collettività ad integrazione di quella fornita dalle famiglie che escono stremate dalla crisi.
Ricevere solidarietà significa anche porsi nella condizione di offrirla agli altri. Il vasto mondo degli anziani è variegato nella sua composizione. L’allungamento della vita ha allargato il numero di anziani in pensione che hanno ancora la capacità di partecipare alla vita economica e sociale.
In primo luogo gli anziani sono mediamente più ricchi delle generazioni successive. Hanno vissuto stagioni di crescita economica e di stabilità occupazionale che ne ha fatto dei buoni risparmiatori, anche perché sobri nei consumi. Questi anziani, divenuti nonni, si sono prodigati nel sostegno economico alle loro famiglie in difficoltà e soprattutto a favore dei nipoti, svantaggiati da un sistema sociale che premia gli interessi più forti e rappresentati. Hanno dato vita, a seconda delle loro possibilità, a un welfare familiare di cui avvertono il breve respiro. L’esperienza di vita ha loro insegnato che se il sistema economico non torna a produrre nuova ricchezza, il loro impegno solidale è destinato a naufragare nel declino del Paese. Ma nello stesso tempo il loro diretto coinvolgimento nelle crisi precedenti, per lo più irrisolte, li rende particolarmente consapevoli delle discontinuità da gestire per uscire dall’emergenza in corso, senza precedenti per gravità.
In secondo luogo gli anziani sono anche portatori di conoscenze e di competenze, un bacino potenziale di opportunità, nella prospettiva, ormai data per certa, di una prossima e grave recessione economica. Il Paese, nel suo processo di ricostruzione, dovrà attivare un forte processo di deburocratizzazione per ridare vigore all’iniziativa dei diversi attori, pubblici e privati, dello sviluppo. In questo processo si possono anche prevedere forme organizzative flessibili per il reinserimento nel ciclo produttivo e del volontariato sociale delle competenze maturate dagli anziani. Così come i medici in pensione si sono mobilitati per rispondere alla crisi sanitaria, altre categorie professionali di pensionati possono dare il loro contributo al rafforzamento delle strutture tecnico-scientifiche che hanno manifestato la loro fragilità nel corso della crisi.
In conclusione, gli anziani possono ancora dare solidarietà, oltre che riceverla. Una occasione per uscire dagli steccati corporativi. Nella crisi torniamo tutti ad essere comunità. Tutti dobbiamo remare nella stessa direzione per evitare che la barca affondi nella tempesta perfetta che è in atto.
(Giuseppe Bianchi)
MM
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