Religione

IL BATTESIMO, E POI LA VITA...

Sempre potente e sempre stimolante, la riflessione di Viscardo. Anche se personalmente non condividiamo l’auspicio di superare il tradizionale “registro del battesimo”, che davvero non fa male a nessuno e anzi può avere una sua utilità pratica nel futuro del bambino pur senza riguardare il sacramento del battesimo in quanto tale, vi proponiamo la periodica meditazione interessantissima del nostro autore.
 
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Una promessa, quasi un giuramento: il battesimo di un bambino ci prende in parola.
 
Un po' di nostalgia ce l'ho, inutile negarlo. Sto parlando del battesimo di una volta, il battesimo in casa,
proprio lì dove tra i mille dolori di mamma la levatrice mi aveva tirato fuori. I fiocchi, i cuscini, le brocche di
acqua calda, il parroco con la sua piccola attrezzatura, alla fine biscottini e rosolio. Tutti lì, mamma, papà, il
compare, la comare, le vecchie zie, i parenti più stretti, nel calore affettuoso e un po' stantio delle osservanze
religiose. Nessun problema, niente domande, tutto procedeva da solo. La religione l'avrei assorbita piano
piano a piccoli sorsi e senza complicazioni.
 
Nostalgia? Di che, nostalgia? Ma, non so dirti, forse perché il battesimo di un bambino io continuo a sentirlo e ad amarlo solo se è una stretta, un abbraccio forte e uno sguardo intenso. Insomma, qualcosa di unico. A certi battesimi tirati via mi viene voglia di uscire.
 
Un bambino, te lo ripeto, e non ti annoiare, un bambino non è solo un regalo, la sua nascita non è solo una
festa e la sua apparizione fra noi non è soltanto un respiro in più, quasi che tutta casa avesse riaperto le
finestre e… ah! che aria nuova. No, no: quel lieto evento, come lo chiamano, è di più, è molto di più, è un mondo a sé, eppure, lì per lì, tutti presi e tutti euforici, non ci pensiamo.
 
Un bambino chiede, esige, pretende. Si pianta proprio nel mezzo della nostra vita e ci costringe (silenzioso o a furia di strilli) a un'attenzione, a una presa in carico, a uno scombinamento di piani tale che ci scordiamo tutto, rimandiamo tutto, e le cose che ci piacevano ieri le faremo più in là. Un ribaltone. Cose terra terra, ma proprio lì dentro c'è il battesimo come lo intendo io.
 
Quel giorno, quel rito, quella mezzoretta, rappresenta, almeno per me, una parola solenne, una promessa
dichiarata, stavo per dire un giuramento. Proprio così: il pronunciamiento (alla maniera dei sudamericani),  una specie di golpe che… noi ci compatteremo attorno a te, che… per noi tu sarai davvero importante, e che… tutti tutti, quelli che ci vedi qui stamattina, ci daremo da fare per te. Ti pare poco?
 
Ecco perché lascio perdere le nostalgie e mi scordo il battesimo di una volta, tutto intimità, quasi una religione in scatola. Presto quel bambino si affaccerà su un mondo intricato, dovrà sbrigarsela in una rete complicata, sarà chiamato a rispondere a domande troppo più grandi di lui. Ti rendi conto allora che il clan famigliare e quel calore così necessario, così decisivo, così indispensabile nei primi anni, poco alla volta non sarà più sufficiente, non arriverà a tutto, non coprirà tutti i suoi bisogni? Una ragnatela fitta fitta che egli troverà (si spera) fuori di casa per avvolgerlo, rassicurarlo, guidarlo.
 
Un battesimo è quindi un rito pubblico, celebrato in una chiesa aperta in faccia al mondo perché nessuno possa dire un domani io che c'entro? e nessuno mai tradisca la parola data.
 
“Viscardo, sono la tua figlioccia, è un anno ormai che ci siamo persi, ho bisogno di te”. “Eccomi, corro,  amore mio”. La mail si è appena accesa sullo schermo e già prendo in mano le chiavi della macchina.
 
Ho appena iniziato a celebrare il battesimo (mio Dio, quanti ne ho celebrati in vita mia?) nel nome del Padre
del Figlio dello Spirito Santo… e San Rocco si è accesa. Questa piccola chiesa del centro di Roma sembra fatta apposta. San Rocco una delle tante chiese dei fiumaroli, nasce come cappella di ospedale e la sezione
femminile diventa quasi subito reparto di ostetricia. Fine 1.500: tutta Roma si mobilita a favore dei più sfortunati. Sono i giovani che si organizzano in Confraternite, si danno la voce, chiedono sostegno, e sulle rive del Tevere nascono gli ospedali dei poveri. La confraternita della riva piccola, Ripetta come la chiamano i romani, ha mandato in giro alle donne di Roma un messaggio straordinario e modernissimo: se partorite un bambino e non avete intenzione di tenervelo, non lasciatelo sugli scalini delle chiese e non andate neanche dall'altra parte del fiume a ficcarlo nella ruota di Santo Spirito. Venite da noi. Vi faremo partorire tranquille in un letto e nessuno potrà mai conoscere il vostro nome. Avrete tutta l'assistenza necessaria e, dopo il parto, al bambino, se volete, penseremo noi. Nasce l'ospedale delle velate, le madri che non potranno mai essere identificate. Addirittura, se il parto dovesse andar male sarà garantita perfino una sepoltura gratuita e segreta in un angolo di piazza del Popolo, a due passi. Pensa tu dove sto celebrando il battesimo.
 
Per dire…. Senza una comunità che si rimbocca le maniche non esiste battesimo. E solo a questo punto sono in grado di rispondere a quelle domande pressanti che mi facevi la volta scorsa. Perché battezzare un bambino? Perché, senza che lui se ne renda conto? Perché non aspettare il suo consenso? Perché addirittura iscriverlo nel registro di una chiesa? Perché?... Hai ragione, intanto quel registro lo toglierei di mezzo perché il battesimo di un bambino non è l'affiliazione a una confessione religiosa. Il concilio anche da questo peso ci avrebbe liberato: ma siamo così lenti ad applicarlo… dài, Papa Francesco, accelera.
 
Però, ancora una volta, qui dovrei fermarmi perché la questione si fa complicata e prima di continuare
dovremmo metterci d'accordo su termini e vocaboli. Cos'è una religione? Che significa? Che posto prende, o dovrebbe prendere, una religione, all'interno, certe volte nel cuore stesso, di una società moderna?
 
La religione, ieri, oggi, e forse domani, non risponde solo a un bisogno personale. Non è soltanto un angolo
della mia struttura mentale (semplifico, lo so), quella parte di cervello che pretende un sogno e uno sguardo al di la delle cose che si toccano e dei giorni che passano. Poesia, cinema, pensieri amorosi, musica, fantasie, e lo stesso sogno religioso (permettimi di chiamarlo così) sono pane necessario e io lo chiedo mattina e sera, se no… andrei ai pazzi. Ma c'è di più.
 
Io non sono solo, io non vivo da solo, io non me la posso vedere da solo. Mi giro e m'accorgo che tutto un
popolo, un parentame, un'etnia, un clan, si trova unito e sorretto da convinzioni, tradizioni, devozioni, credenze, che s'impastano con le cure e gli impegni della mia e della loro vita. La religione la penso come una spinta superiore che ci trascina, e tutti siamo affezionati e grati a quelle credenze e a quelle figure e a quelle usanze e a quei riti che ci ricordano, ci rafforzano, e spesso ci spingono, alle cose migliori. La religione è uno dei legami forti e stretti che compatta una tribù, una famiglia, addirittura una società. Una grande idea che circonda e vincola un gruppo umano, a volte così strettamente da diventare una difesa e certe volte purtroppo uno strumento di aggressione. Una forza inarrestabile che ha bisogno di istituzioni, di guide, di solchi, di argini: se no, come tutte le passioni, si fa pericolosa e distruttiva. Proprio come la politica e lo sport.
 
Un bambino nasce in quel bacino, in quel golfo e in quel letto caldo. Per ora la religione vissuta dai genitori
sarà per lui l'espressione di una cura, di una veglia e di un tetto che giura di non crollare mai. Immaginazioni,
racconti, simboli, modi di dire, tutto si mescolerà nella fantasia del mio bambino e tutto farà corpo con le
usanze e le attenzioni di casa. Dio, Gesù, la Madonnina, il Papa, Natale, Pasqua, i morti, saranno tutt'uno a come si mangia, come si sta a tavola, come si rispettano i nonni, come ci si lava e ci si veste. È un clima, un lessico, un certo tipo di odori e di sapori, che non dimenticherà più. Non dovremo meravigliarci se Gesù Bambino non sarà poi tanto distinto dai cartoni che lo appassionano in tv. Parlerà, gattonerà, correrà, e insieme ci sarà Biancaneve e l'albero di Natale, le grandi feste e Peter Pan, le preghiere brevi e i mostri di Walt Disney, la scoperta della chiesa e i suoi miti infantili: tutto diventerà uno spicchio di anima perché a lui arrivi rassicurazione, custodia, trasmissione di cose belle e di figure importanti. Se saremo accorti, se sapremo scegliere bene, se lui resterà il nostro pensiero, anche la religione gli assicurerà la buona salute della mente che gli sta maturando dentro.
 
Non è ancora sua la religione, non fa ancora parte delle sue decisioni, perché solo più tardi la corteccia
cerebrale gli permetterà i primi ragionamenti e solo più in là gli si affaccerà il senso critico: una progressione
inarrestabile:  sei, dieci, quindici, diciotto anni… E proprio le soglie della maturità potrebbero essere gli anni della sua cresima, quando esprimerà la sua adesione convinta, perché solo allora scoppierà la consapevolezza, la capacità di discussione e la scelta dei valori forti. Sarà così in grado di una professione di fede personale. Ecco perché è sbagliata la cresima a dieci o a tredici anni: ho speso i miei anni giovanili per questa causa, che per ora sembra persa.
 
Di cosa avete paura? Se un giorno quel ragazzo lascerà la religione domandatevi se per caso avete mancato a
interessarlo, se avete continuato con le devozioni e i catechismi ingenui e noiosi senza rispondere con
intelligenza ai suoi interrogativi e al suo dissenso. Forse sarà stata la nostra ignoranza, forse il nostro e il suo
disinteresse, chi lo sa, non certo il battesimo alla nascita: quello sì, fu un atto di amore. Spesso coloro che
rimandano il battesimo non faranno mai niente perché quel ragazzo conosca le religioni e ne apprezzi il valore.
                                                                                                                                

Anche stavolta, come vedi, mi sono fermato ai preliminari. Mi concedi un'altra stanza? Non ti ho ancora presentato le meraviglie e i simboli che il battesimo ci mette sotto gli occhi. Per oggi basta così.
 
                                                                                                    (Viscardo Lauro)
 
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MM


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